Siamo nel maggio 1944. L’Italia, dal nord fino a Roma compresa, è ancora sotto il giogo nazifascista. La Repubblica di Salò, nel XXII dell’Era Fascista, cerca e trova i suoi nemici anche tra i funzionari della Polizia. Viene promulgato un Decreto Legislativo del Duce, il numero 201 del 17 maggio 1944, che all’articolo 2 disponeva la dispensa dal servizio, ad insindacabile giudizio dei Ministri, del personale che nell’espletamento delle sue mansioni e nell’interpretazione ed applicazione delle direttive del governo fosse giudicato inidoneo.
Sotto la scure di questa norma cadono, come ci racconta questo documento conservato nell’Archivio Centrale dello Stato, svariati Commissari e Ufficiali di P.S.
Alcuni sono nomi che di lì a qualche mese saranno martiri dei nazifascisti: il Commissario Camillo Renzi, partigiano combattente ad Aosta, internato e deceduto a Dachau; il Colonnello Giacomo Giglioni, partigiano combattente a Torino, caduto nella difesa della Caserma Cernaia a Torino assaltata il 26 aprile del 1945 dai miliziani della Brigata Athos Cappelli. Giglioni aveva un figlio, Carlo, Brigadiere di PS, morto anche lui quel giorno, così come la Guardia Fiammoi Mario. (C’è un altro della P.S. che, ferito, muore alcuni giorni dopo: il ventenne Antonio De Giorgi; e Sebastiano Gallo, agente ausiliario R.S.I., che viene riconosciuto come partigiano invalido. Li trovate nel nostro database).
Altri funzionari di P.S. avranno miglior sorte. Alla fine della Guerra Marrocco Giuseppe del “Comando Lecco” otterrà, per la partecipazione alla Lotta di Liberazione, il riconoscimento di qualifica partigiana come Patriota. Forse anche Genuario Giuseppe, Saieva Achille e Scalera Michele hanno avuto un ruolo nella Resistenza: ma – se sono effettivamente loro e non omonimi (le nostre ricerche sono solo all’inizio) la loro attività non è stata giudicata sufficiente per l’ottenimento della qualifica.