UN COMMISSARIATO DAVVERO SPECIALE

È il Regio Commissariato di P.S. a Sulmona. Pensate all’Abruzzo del ’43, ai suoi monti, alle sue valli, ai piccoli paesi attraversati dal corteo di 60 macchine utilizzato da Vittorio Emanuele III e Badoglio per la loro vergognosa fuga. Di lì a qualche giorno, sul Gran Sasso, i nazisti pongono fine alla reclusione di Mussolini. L’Abruzzo viene tagliato dalla Linea Gustav e la popolazione subisce l’occupazione e il dominio crudele dei nazifascisti, i rastrellamenti, le uccisioni, le razzie. Le bande partigiane nascono per la sopravvivenza, per difendere la gente da angherie, soprusi, dalla morte.  Due di queste bande operano nella zona della Valle Peligna: la Banda Conca di Sulmona e la Banda Sciuba. Quest’ultima prende il nome dai fratelli Sciuba: Torinto è un ufficiale medico, Vincenzo è un Commissario di Pubblica Sicurezza. A quanto abbiamo appreso, si trovava in Alta Italia di rientro dalla Dalmazia e sbandato, raggiunse la sua terra d’origine. Qui subito, all’indomani dell’8 settembre, organizzò con il fratello e gran parte della sua famiglia una banda che aggregò intorno a sé tanti altri combattenti per la Libertà. E’ una figura particolare: per la sua attività partigiana ricevette ben due medaglie, d’argento e di bronzo.  Lo ritroviamo a luglio del ’44, ad Abruzzo liberato, come dirigente del Commissariato di Sulmona: un Commissariato che più particolare non si può. Nelle nostre ricerche abbiamo scoperto che buona parte dei componenti di quel piccolo Ufficio di P.S. sono stati riconosciuti Partigiani o Patrioti. Il vice Brigadiere Etelvardo Sigismondi, le Guardie Antonio Zarone, Giuseppe Benedetti, Pasquale Susi, Livio Aversa, Arnando D’Alessandro, Giuseppe De Nardis, Riccardo De Stefanis, Rocco Di Cioccio, Luigi Di Nino, Antonio Indiciani, Roberto Manfroni: chi nella Banda Sciuba, chi nella Banda Conca di Sulmona, uno nel Lazio nella Banda Arancio. Per altri nomi di quell’elenco stiamo continuando le ricerche, non escludiamo sorprese.

C’è un’altra particolarità: l’Abruzzo “forte e gentile” organizza la Brigata Maiella, che dopo la sconfitta dei nazifascisti a giugno del 44, combatte per la “liberazione dei fratelli del Nord”. E raccontava uno dei più gloriosi combattenti di quella Brigata, Gilberto Malvestuto: “L’allora Questore di Sulmona era Vincenzo Sciuba, il quale a un certo punto fece un avviso: “Cittadini di Sulmona, che avete subito nove mesi di dittatura nazifascista, arruolatevi nella Brigata Maiella”. Venne un camion con un guidatore inglese e ci prelevò al monumento ai Caduti di Sulmona”. E da lì la Brigata raccoglie nel suo percorso altri volontari, arriva prima a Recanati e poi risale la fascia adriatica, fino in Emilia Romagna, combattendo per la liberazione di quelle terre.  Vincenzo Sciuba è con loro, fino alla Liberazione di Bologna, come capitano preposto al Comando Tattico.

Il figlio di Vincenzo, Ettore, con il quale abbiamo il piacere di essere in contatto, ci ha raccontato che il suo nome è stato scelto dal padre in ricordo di un combattente della Banda Sciuba, il sottotenente dell’Aeronautica Ettore De Corti, per il quale prendiamo in prestito le parole della motivazione della Medaglia d’oro al Valor Militare:  “Il gruppo veniva colto di sorpresa da una pattuglia tedesca e solo la pronta reazione del sottotenente De Corti, che abbatteva con la sua pistola un nemico, consentiva alla quasi totalità dei compagni di porsi in salvo mentre egli, a sua volta gravemente ferito, rimaneva sul terreno e veniva, poi, barbaramente trucidato. Suggellava, così, col sacrificio della giovane vita, il giuramento di fedeltà alla Patria.» Ettore De Corti salvò la vita dei partigiani della Banda Sciuba e Vincenzo volle ricordarlo per sempre.